Antologia del Cinema

Rollerball (1975)

Il bello del tempo è che, oltre a essere una costante, almeno a certe condizioni, esso scorre, e con esso muta la percezione degli eventi. Nel 1975, e anche anni dopo, quando giunse dalle nostre parti, Rollerball si presentava sì per quello che è, un film su uno sport violento, ma anche per la sua carica di polemiche legate ad una visione particolarmente angosciante e negativa della società del futuro dove la libertà dell’individuo è garantita e distribuita in confezioni di cellophane, recanti il marchio di qualche corporazione; le persone giuridiche, le uniche realtà di controllo del mondo.
La percezione, come ho detto, cambia. Tant’è che sono stato a riflettere per un po’ se attribuire a questo film l’etichetta “distopìa”.
Di sicuro, considerate le premesse e le conclusioni a cui si arriva, trattasi di b-movie. Uno dei migliori.

***

[contiene anticipazioni!]

La Pensione di Caan

Allora, c’è un atleta, Jonathan E. (James Caan). Egli è una star del rollerball, lo sport più famoso del 2018. Il rollerball è uno sport violento, una sorta di fusione tra il pattinaggio su pista indoor, il football americano e l’hockey, nel quale i partecipanti spesso restano feriti o uccisi. Tre anni è la durata della carriera media di chi pratica questa disciplina. Jonathan E., contro ogni previsione, è già all’ottavo anno da professionista.
Il campionato del mondo è agli sgoccioli, con sole tre partite da giocare, e la sua squadra, Houston, è la favorita.
La Energy Corporation, la società che possiede la squadra, ha in mente per Jonathan un pensionamento anticipato, un ritiro dorato al quale lui non può e non deve opporsi.
Com’è ovvio, non comprendendo i motivi per i quali gli si chiede di ritirarsi, l’atleta rifiuta, pretendendo di giocare le ultime due partite e, nel frattempo, tentando di far luce sui motivi per i quali la corporazione, che finora l’ha sempre stimato e protetto, abbia deciso tutt’a un tratto di far tramontare la sua stella.

***

Individualità

Incredibile a dirsi, ma su quest’esile intreccio è stato costruito un film della durata di due ore. La Mega-Corporazione fantozziana vuole il ritiro dell’atleta. L’atleta non vuole.
La Corporazione le prova tutte per farlo ritirare:

1) gli cambia la escort di turno, per sollazzare le sue voglie
2) gli prepara un filmino d’addio che lo celebri a dovere da trasmettere in mondo-visione, per soddisfare il suo ego smisurato
3) ricorre a minacce velate, per farlo cagare sotto dalla paura
4) cambia le regole del rollerball a due partite dalla fine rendendolo più letale e cruento, se possibile, per farlo fuori durante il gioco

Ma… non c’è niente da fare. L’individualità di Jonathan E., novello gladiatore, è incoercibile. Ed è proprio il nascere di quest’individualità che la Corporazione vuole combattere. O almeno credo.

***

Utopia -non troppo- Negativa

Come dicevo sopra, difficile attribuire a “Rollerball” l’aggettivo distopico. Voi la chiamereste distopia una realtà in cui non esistono più nazioni, differenze sociali, povertà, miserie, crimini, violenza, fame nel mondo?
Questa sarebbe una distopìa?
Le corporazioni, in un recente passato, hanno sostituito le nazioni. Ora queste società godono di ricchezza e potere assoluti e di rappresentanza fisica attraverso le squadre di Rollerball, l’ultimo sport/valvola di sfogo, l’ultima sede legale della violenza, caratteristica, quest’ultima, impossibile da eradicare dall’animo umano.
La violenza è la sola cosa che ci tiene ancorati alla nostra natura selvaggia. Meglio incanalarla in apposite arene che lasciarle libero sfogo.
L’affresco che ne deriva è un mondo idilliaco, pulito, efficiente, anche se apparentemente contraddittorio in virtù di tre vistosi buchi di sceneggiatura.
Com’è ovvio, il futuro così organizzato pare molto più negativo a chi, come noi, è portato a identificarsi con il protagonista: manipolato, gestito come una pedina, dal quale ci si aspetta solo assenso e inchini col sorriso sulla faccia.
Eppure, riesce davvero difficile considerare un male una società che è stata in grado, non si sa bene come, di annientare tutti quei problemi che oggigiorno si teme possano portare il nostro mondo, quello vero, alla rovina.
Per essere un’Utopia Negativa, è fin troppo bella, secondo me. E sono davvero esili le spalle sulle quali si regge.

***

Cesura Classica

Anni ’70. Chissà perché il futuro, nelle mani dei potenti, era grattacieli di vetro, le nuove torri d’avorio, arredamento stylish, come quello cui accennavo nell’articolo prededente, e… musica classica.
Il regista, Norman Jewison, ammise di essere stato influenzato, e nello stile delle riprese e nel concept, da “Arancia Meccanica” di Kubrick. Ciò, conoscendo l’altro film, appare più che evidente e fa di “Rollerball” il b-movie meglio girato di tutti i tempi. Davvero bellissime le riprese, i costumi, indossati da eleganti e statuarie attrici, e le scenografie, nonché il massiccio utilizzo di musica classica, da Bach a Shostakovich a Previn e Tchaikovsky, che crea quella cesura necessaria per rendere credibile l’ambientazione da “what if?”, il “cosa sarebbe successo se?”.

***

Voragini

Dicevo dei buchi di sceneggiatura; Sostanzialmente, appaiono essere solo tre, ma di un certo spicco:

1) non c’è povertà, ma Bartholomew, l’alto dirigente della corporazione, nel tentativo di convincere Jonathan a ritirarsi, lo induce a riflettere sul fatto che, ormai, dopo la sua straordinaria carriera, egli non ha più problemi di denaro

2) è una società che ha abolito la guerra e ogni forma di violenza, eppure, durante la festa/celebrazione di Jonathan E., alcuni degli invitati, molti dei quali alticci, si dilettano in giardino con una pistola dallo smisurato potere distruttivo, capace con un solo colpo di incendiare degli enormi alberi di pino

3) tutto lo scibile umano è affidato alle cosiddette “librerie”, delle biblioteche che forniscono estratti riveduti e corretti di qualunque opera data alle stampe. La disciplina più manomessa dalle corporazioni è la Storia. Al motto di “sapere è potere”, le corporazioni limitano e in alcuni casi ostacolano le ricerche storiche miranti a conoscere il passato dell’umanità, ma soprattutto il passato recente che coincide con le “guerre corporative”, il decisivo periodo storico che ha visto l’abolizione del concetto di nazione in luogo del sorgere della società corporativista. Ma le notizie nude e crude, senza interpolazioni di sorta, sono comunque alla portata di tutti. Esse sono custodite in Svizzera, immagazzinate in un super-computer chiamato “ZERO”. Questo avanzatissimo calcolatore elettronico soffre, però, di un deplorevole eccesso di personalità che lo porta a essere fin troppo umorale nelle reazioni ai tentativi di consultazione; così come umorali sono gli addetti alla sua manutenzione, sempre sull’orlo di una crisi di nervi

***

Personality goes a long Way

E, sì, c’è anche lo sport. Tre sequenze che corrispondono alle tre ultime partite di campionato, a violenza crescente, durante le quali quella parvenza di gioco che è il rollerball diviene una rissa senza quartiere lungo tutto l’anello di gioco. Difficile considerare questa messinscena un inno alla non violenza, dal momento che proprio il protagonista, più volte pregato di lasciare il campo per la sua stessa sicurezza, non fa che scegliere ripetutamente il gioco quale unico modo che egli ha per affermare la propria personalità.
Fuori del campo di gioco Jonathan è un eroe del piccolo schermo, un uomo di paglia. Dentro l’arena, col viso e le mani sporche di sangue, egli è indipendente e fuori del controllo dei poteri forti.
Il messaggio che pare derivare da questo film è fin troppo ambiguo e forse figlio di letture e interpretazioni non previste neppure dal suo autore.  Ma in sostanza sembra dire che la libertà personale si ottiene solo attraverso l’affermazione violenta e la selezione naturale. Il guerriero più forte e indomito vince, il popolo lo adora, le grandi dame vogliono tutte andare a letto con lui e il potere, quello dei vecchiacci imbalsamati, lo teme.  Sempre la stessa storia. Il futuro, in fin dei conti, non pare essere tanto lontano dal nostro presente.

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  • Allucinante.
    Non è cambiato niente, in pratica. È solo infiocchettato meglio.

    Le mutande di Uhura non me le ricordo. Devo approfondire Star Trek original series. Però, non credo, almeno spero, che persino il ponte di comando della Enterprise fosse oggetto di sessismo. O no?

    Se è così, allora sono nato nel momento sbagliato.
    Per inciso proprio nel 1976, quando la tipa lì protestava giustamente.

    Adoro Rollerball. 😀

  • Sulle ambiguità della “liberazione” puoi salire a bordo della macchina del tempo e sentire (dal secondo 0:48) cosa ne pensava una femminista del remoto anno 1976.
    http://www.youtube.com/watch?v=pJ5tR08e03I
    (warning: strong words).

    Quanto a Star Trek, anche lì avevamo la donna liberata (e per di più nera!) ma prammaticamente con mutande a vista.

  • Entusiasta? In parte lo sono, sì. Si tratta di un film che eplora tematiche interessanti e lo fa in maniera interessante; rimarrà uno dei miei preferiti, e ha sopportato il test della re-visione 30 anni dopo… ma certo non sono cieco ai suoi difetti.

    Quanto alle donne: sessismo bieco e fantascienza possono benissimo andare d’accordo, basta pensare alla serie UFO con le fiere combattenti in tutina aderente e parrucca viola mandate a preparare il caffè dal grande capo… Sulle rivoluzioni degli anni ’60 e ’70 ci sarebbe da disquisire parecchio (ma siccome lo hanno fatto in troppi è anche una rottura di scatole); mi limiterò a dire che non mancava una certa tendenza a una “liberazione” vista con occhi molto maschili, ovvero: poiché la donna era “liberata”, doveva mettersi a disposizione senza troppi problemi… Per tanti ha funzionato, e pare che si siano divertiti parecchio.

    • Questa “Liberazione” alternativa non la conoscevo affatto. Anche per limiti anagrafici, credo. Ti ringrazio, quindi, per gli ottimi interventi.
      In realtà certe scene interpretate da donne vestite di tutine e parrucche si sono viste tantissimo anche in Star Trek. Non so come fossero percepite allora e anche oggi. So solo che io non ci vedo sessismo dappertutto. E alcune cose, tipo le tutine, sono sempre belle da vedere, per un mero fatto estetico.
      L’estetica è o dovrebbe essere scevra da manipolazioni di sorta.

  • Non lo so. Onestamente è una cosa alla quale non avevo fatto caso.
    Non avevo notato così tanti petti villosi e via dicendo.
    Però ora che me lo fai notare, direi che ci può pure stare una simile interpretazione. Anche se mi sembra una forzatura gratuita.

    🙄

    Le donne oggetto facevano parte della distopia. E devo ammettere che in questa particolare ricostruzione non stonano affatto, anzi è un dettaglio intrigante che arricchisce il contesto. Proporlo negli anni ’70, poi… Mi chiedo poi se si trattasse di una novità in termini di fiction, oppure no, che le donne venissero presentate in questi termini…

    Ma, fammi capire, che è cambiato da stamattina? Mi sembravi molto più entusiasta.

    Concordiamo sul fatto che Rollerball sia in ogni caso suggestivo.

    😉

  • Tra i vari commenti riguardo a Rollerball c’è questo blogger newyorkese gay (link in fondo) che fa notare una cosa che a me era sfuggita: oltre a un gran numero di “donne oggetto” che siano amanti o “trophy wives” (quelle le avevo viste, anche se per gli standard di oggi sembra che portino il burqa) c’è anche una gran “festa per gli occhi” di uomini tosti, fiduciosi in sé stessi e sexy (i giocatori di rollerball, in particolare Caan e Beck).

    In effetti tra uomini nudi negli spogliatoi, petti scoperti e pelazzi al vento non si fa risparmio. Vorrà dire qualcosa anche questo?

    http://www.cinemademerde.com/Rollerball_75.shtml

  • Diciamo che certe scene sono fatte proprio male. Lo scienziato forse era meno ridicolo nel 1975, ma ugualmente non ci siamo. La scena degli alberi bruciati all’alba vorrebbe avere dei toni surreali ma sembra solo illuminata male e la pistola è “cheap”, per quel gran disastro che combina: sembra un normale revolver. La recitazione dei gaudenti che godono a distruggere è troppo sopra le righe… insomma per farla breve: un disastro.
    Forse in un film che è inizialmente molto sottile e ambiguo laddove si parla del personaggio di Caan e quello che gli ruota intorno, queste scene sono un po’ troppo ingenue, “esplicite”.
    Aggiungiamo un infodump dei più penosi all’inizio (primo dialogo fra Jonathan e il dirigente) e giungerei alla conclusione che non si può annoverare Rollerball tra i capolavori. Peccato. Lo trovo comunque molto interessante e tuttora forte di un suo fascino.

    • 13 anni ago

    Ho rivisto il film e a breve bloggherò in merito. Per inciso non lo considero un b-movie, ma non vorrei addentrarmi in diatribe su etichette e categorie.

    Per quanto riguarda le voragini logiche della trama farei delle osservazioni.
    1) L’osservazione è vera ed è anche vero che altrove Jonathan riceve minacce del tipo “ti distruggeremo” da me intese come “ti ridurremo un poveraccio”.
    Ragionandoci un attimo per me non esiste buco di trama. Jonathan possiede un bel ranch, e una “tessera” che gli dà dei privilegi ma a un certo punto del film scopriamo che gliel’hanno ritirata.
    Insomma, è un uomo che può stare meglio (se fa il bravo) o stare peggio (cacciato in un appartamento di 50 mq con i topi e fornito di una tessera per mangiare alla mensa della locale fonderia) anche in un mondo in cui la miseria nera non esiste più. Le osservazioni sui quattrini sono valide anche in una ambientazione di questo tipo.

    2) così come il Rollerball esiste per sfogare gli istinti repressi (e ci sono dei morti anche prima che vengano abolite le regole, se ne parla nello show TV), allo stesso modo quei benestanti immaturi, con una luce di divertimento sadico negli occhi, si divertono a far fuori gli alberi. Non ci vedo contraddizione, la vedrei se si sparassero fra loro o se uccidessero un passante.

    3) il computer conserva lo scibile umano (lo scienziato dice che è andato perso il XIII secolo, ma forse è il computer che lo prende per i fondelli) e Jonathan può andare a Ginevra a fare delle domande (lo può fare Jonathan, non so se lo potrebbe fare pinco pallino), ok, ma comunque le informazioni sono negate. La scena con lo scienziato nevrotico e il computer dalla voce impersonale sarà magari molto ingenua, molto anni ’70, ma non credo che sia una incongruità nella trama.

    Il tutto senza voler necessariamente 🙂 pontificare.

    • Ah, mi fa piacere che tu sia tornato a esprimerti sull’argomento. 🙂
      Che dire, posso aggiungere che io quelle scene le avrei rese diversamente, in modo meno ambiguo, se vogliamo. Io continuo a trovarle superficiali, soprattutto quella della sparatoria verso i pini perché, come ho già detto, una società che ha sconfitto la piaga della violenza, non può consentire che circolino liberamente tali armi di straordinaria potenza distruttiva. Lo trovo un controsenso.
      Aspetto il tuo articolo, allora.

      😉

  • […] dell’antartide, o le giungle equatoriali o una civiltà moderna e raffinata come in “Rollerball“. La trama sarebbe calzata a pennello ovunque si fosse deciso di […]

  • Ah, volevo aggiungere, sempre a beneficio dei nuovi lettori, che non pretendo di essere l’Autorità in materia, ci mancherebbe.
    Quelle che a me sembrano imprecisioni potrebbero essere considerate pregi.
    Mi potete contraddire quanto vi pare, specie se i commenti contribuiscono a creare discussioni interessanti come questa.

    😉

  • sì, concordo, i commenti del regista sono fondamentali.
    Se vuoi, poi, facci sapere i dettagli.

    Secondo me la cosa che maggiormente contribuisce alla sospensione dell’incredulità è proprio l’utilizzo della musica classica…

    😉

  • Bè, anche io dovrei/vorrei ridargli una guardata, in effetti.
    Ho una bella “special edition” e magari anche dei contenuti extra (anche i commenti del regista o altri sono utilissimi, se si ha la pazienza di seguirli tutti).
    Probabilmente, ci sono le incongruenze di cui parli… anche se l’atmosfera che il regista creare nel film genera una fortissima sospensione dell’incredulità. 😉

    • 14 anni ago

    Non ho un’opinione negativa di questo film, per niente. Ma per argomentare dovrei rivederlo.

    Comunque sono abbastanza vecchio per ricordare che anche lo stato che ti faceva da mamma (il “welfare state” che ora rimpiangiamo, visto che ci viene portato via tutto) era criticato come soffocante della personalità. In un’epoca in cui si è stati rituffati nei problemi più primitivi, tipo unire il pranzo con la cena, è difficile ricordare che c’è stato un periodo in cui si era sicuri che le difficoltà materiali sarebbero state un ricordo sempre più lontano, e diventava una preoccupazione legittima anche quella di diventare dei placidi parassiti coccolati e privi di volontà.
    Chiaro che oggi tanti ci farebbero subito la firma.

    • Allora, vedo che questo film ha suscitato parecchie impressioni. Mi fa sempre più piacere.

      Ricordo, anche a beneficio dei lettori occasionali, che sempre del film stiamo parlando e non di ipotetici regimi preferibili rispetto ad altri. 😀

      Dal punto di vista della possibilità della manipolazione storiografica, in linea di massima, sono d’accordo con Lo Stregatto. Purtroppo questa possibilità c’è, perché la storia, vedasi anche quella romana, la scrive di solito quello che rimane per raccontarla e giocoforza ce la racconta come piace a lui…
      Ma questo è un argomento fin troppo complesso per trattarlo qui e soprattutto approfondirlo quanto mi piacerebbe.

      Riguardo ciò che dice Bruno, be’, ha centrato ciò che volevo dire all’inizio dell’articolo in riferimento al tempo che cambia la percezione delle cose. Non ci poteva essere esempio migliore.

      Tornando al film *anf*, non ho una pessima opinione dello stesso. Ne ho scritte di stroncature e questa certo non lo è. Forse è proprio a causa del mutamento della percezione che la distopìa ivi rappresentata mi sembra più un’utopia. Sentir parlare, come ho scritto, di cessazione di ogni forma di discriminazione, violenza, crimini e quant’altro, mi sembra ora più appetibile che mai.
      Ma ribadisco, sempre di un film si tratta…

      😉

      @ Bruno
      Se hai tempo, sistema il tuo profilo utente qui sul blog, così da inserire il tuo URL!

    • 14 anni ago

    Bellissima recensione e commenti interessanti ma ,a meno che non stia prendendo un abbaglio, credo che ancora nessuno abbia scritto che probabilmente i metodi scelti dalla corporazione siano tali perchè anche la grande struttura corporativa è vittima della società, un oligarca vittima della sua stessa dittatura “dorata” come espresso da McNab.
    Per quanto riguarda la storia per la maggior parte del tempo abbiamo tutti la certezza di sapere come siano andate le cose ma in fin dei conti la maggior parte di quella conosciuta sono solo supposizioni e ricostruzioni parziali, non molto dissimili dal lavoro che nel film può avere fatto il supercomputer: crediamo forse che se l’ impero celeste avesse raggiunto il Mediterraneo prima dell avvento di Cristo avremmo la stessa considerazione della storia romana o che se avesse vinto Hitler studieremmo la stessa storia?.
    Questi saranno esempi eccessivi ma posso garantirvi avendo una volta letto un vecchio libro di storia del 1890 ho trovato discrepanze su alcuni avvenimenti “noti”anche in periodo medievale e non certo perchè l’ autore fosse un manipolatore o un sovversivo; questo per dirvi che la storia che non abbiamo vissuto in prima persona è sempre manipolata proprio perchè non può essere verificata di persona..

  • ****SPOILER****

    A tal proposito, circa una soluzione violenta del “problema”: in un consiglio dei dieci assenti, gli alti dirigenti votano all’unanimità il non intraprendere azioni ostili contro il campione, ma decidendo di aspettare che egli obbedisca al naturale, accettando clamorosamente, quindi, tutta la serie di rischi annessi e connessi…

    A questo punto devo nuovamente concordare con Matteo, si pretende cieca obbedienza e quindi manipolazione facile degli individui, ma senza che se ne sia data adeguata analisi.
    Idee molto buone, per carità, ma se giustamente sviluppate avrebbero dato origine a un vero capolavoro.

  • Film che non vedo da troppo tempo, infatti molti dettagli che hai citato non li ricordo.

    Riguardo alla definizione distopia/non distopia, è un bel dilemma. Di certo un mondo in mano alle megacorporazioni non lo vedo utopico, anche senza guerre etc etc. Mi sembrerebbe solo una forma di schiavitù dorata, perfezionata alla millesima potenza.

    Se devo essere pignolo, una vera oligarchia di questo tipo troverebbe oggi mille modi per togliere di mezzo l’eroe riottoso. Un bello scandalo servito caldo sarebbe l’ideale, senza nemmeno scomodare sicari o finti incidenti.

    Come dici tu, ricco di imprecisioni. Ma bello!

  • Però, che interventi! Devo farne più spesso di articoli così! 😉
    Scherzi a parte, ringrazio tutti per i contributi davvero interessanti.

    Il film: come sempre, prima di scrivere l’articolo, l’ho rivisto. Perché, sì, è bello fidarsi della propria memoria [indulgo in questo spessissimo], ma è bene non farsi prendere dall’emotività.
    Quello che ho ri-visto è un film di altissima qualità visiva, ben confezionato che, però, paga le incongruenze a livello di sceneggiatura.
    Poi tutto il baraccone, passatemi il termine confidenziale, regge fino in fondo, eh, ma a mio avviso stenta e parecchio pure.

    Il mondo è in mano alle corporazioni. Cioè, con questi soggetti non si sgarra. Si “domanda” il ritiro obbligatorio di un atleta, una situazione che, per come è posta, non lascia alternative e presagisce ritorsioni in caso di mancata esecuzione.
    Cosa succede in realtà?
    Nulla.
    L’atleta continua a fare i cazzi suoi. E basta.

    Secondo me è assurdo anche il fatto che questo personaggio sia così temuto dai potenti. In fin dei conti chi è Jonathan E.? Solo un idolo, come ce ne sono tanti. Non parla, non tiene arringhe rivoluzionarie, perché temerlo?
    La folla ha sempre avuto i suoi idoli e finché è felice di vederli si mantiene calma. Le rivoluzioni scoppiano durante i periodi di crisi, non di benessere.
    Ma soprattutto, perché aspettare otto anni per “farlo fuori”, ovvero perché aspettare che sia già diventato potente, salvo poi chiedergli gentilmente di farsi da parte?
    È questo il b-movie, a mio avviso. Ricco di imprecisioni.
    Poi, come ha detto Matteo, non c’è approfondimento psicologico o quello che è, e come ha detto Orlok, b-movie è solo una definizione, nella fattispecie un’etichetta, niente di più.

    😉

    • 14 anni ago

    Se ho capito una cosa frequentando questo postaccio è che i generi o le etichette sono solo nomi, senza contorni ben definiti. Questo può far storcere il naso ai puristi, presenti esclusi, mi riferisco ad altri nomi piuttosto noti della blogosfera, ma per quanto mi riguarda è un punto a favore.
    Riguardo al film, ammetto che la definizione b-movie sia azzardata, ma almeno il ragionamento sul film offre un punto di vista finalmente diverso sul film. Gli articoli che ho letto in passato erano tutti piuttosto sommari nel descrivere una società per l’appunto distopica e angosciante.
    Qui almeno elgraeco si domanda come può risultare angosciante una società perfetta?
    AL massimo si può concludere che Jonathan E. sia un antieroe, o un egoista/individualista o come si voglia chiamare, ovvero un personaggio non positivo.
    Riguardo le sbavature, sì, ce ne sono. A cominciare dal fatto che è abbastanza folle sia pretendere il ritiro di un atleta a due giornate dalla fine, sia cambiare le regole dello sport in corso d’opera. Dittatura o non dittatura, questa cosa avrebbe suscitato una rivoluzione in piena regola.

  • Un parallelo interessante a livello di storia e resa cinematografica è tra Rollerball (1975, avevo già 1 anno, sigh) e Farenheit 451 di Truffaut (1966).

    La stessa eliminazione della condizione umana di base, l’emozione, eliminata in Equilibrium (con la droga da una parte e) con la distruzione degli oggetti che la suscitano, conduce allo stesso risultato, la scissione dell’essere umano da ciò che lo rendeva tale e la sua trasformazione in una specie di automa privo appunto di individualità.

    Interessante notare come la manipolazione di un tale individuo sembra a chi detiene il potere parimenti semplice di quella dell’individuo invece “pompato” a livello emotivo e condotto lì dove lo si vuole mediante la strumentalizzazione di tali emozioni (e torniamo ai programmi tv, etc etc insomma al nostro mondo attuale).

    Quindi due opposti che, ricongiungendosi, producono il medesimo risultato.

    Come nel più recente Equilibrium anche in Rollerball è immancabile il riferimento a Orwell e il suo 1984. Nel primo viene delegata anche visivamente ai vari palazzi della giustizia, grigi e opprimenti, così come agli schermi perennemente accesi su messaggi di gloria della patria e inno all’individuo. Nel secondo il riferimento è alla revisione della Storia, quel processo di macerazione di ciò che era il pensiero di oggi e ricostruzione di tale pensiero mediante manipolazione della sua base storica, per costruire al meglio il pensiero di domani.

    In tutti questi film manca ciò che 1984 aveva di veramente, a mio avviso, sublime: il prodotto finale di tutte le tecniche già viste e citate che, in relazione a questa, divengono solo passi preparatori: il bispensiero. L’induzione nell’individuo della capacità di accettare come vere e paritarie due idee tra loro contrapposte, agevolato dalla distruzione del concetto di contrario, mediante la manipolazione (e di nuovo!) della stessa lingua, attraverso l’eliminazione di aggettivi contrapposti, ad esempio, e la creazione di prefissi che riducano le cose da imparare e la difficoltà a esprimersi.

    Mamma mia non so che ho stasera, ora vado a vedermi un telefilm di vampiri e licantropi per farmela passare 😉

    • 14 anni ago

    embè, mica è brutto! E poi guarda, ho beccato la scena incriminata della pistola. Che calibro!

    http://www.youtube.com/watch?v=WCunwzlr8ro&feature=related

    😎

  • Ecco, non parliamone. Quel remake non è degno neanche di quel nome. È una porcheria inquadrabile ed insalvabile anche per chi è di bocca buona come me, almeno quando si tratta di fantascienza.
    Piuttosto, il primo Rollerball.
    Alla faccia del b-movie.
    Rollerball non ha niente da invidiare a produzioni più blasonate, e regge benissimo il peso degli anni.
    Non ha sbavature, non è retorico, è asciutto, secco, tagliente.
    È un vecchio coltello da cucina che anche se tirate fuori da un vecchio cassetto, funziona ancora egregiamente… Ed è bello pericoloso.
    Tutta l’ultima parte è condotta da manuale.
    La colonna sonora è quanto di meglio si poteva scegliere per questa storia… una storia semplice, è vero, ma raccontata al meglio delle possibilità dell’epoca.
    Quanto alla domanda che ti poni (distopia o non distopia?), cosa rispondere?
    In film come Equilibrium, gioiellino di Kurt Wimmer del 2003, si raggiunge lo stesso scopo non incanalando la violenza da qualche parte, ma eliminando alla fonte le emozioni con una droga psicotropa.
    Il mezzo è diverso, il fine è lo stesso: una società senza guerre.
    C’è sempre un prezzo da pagare, e in Rollerball il prezzo è il da te citato individualismo.
    Così prezioso, così insopprimibile.
    Troverà sempre una strada.

    • @ Luca
      Ma io non ritengo la definizione b-movie necessariamente negativa. Lo so è un concetto tortuoso… e magari non condiviso.
      Quello che mi ha fatto propendere per questa etichetta è la storia ridotta all’osso. Come ho scritto, una corporazione vuole il ritiro dell’atleta, l’atleta non vuole ritirarsi manco per il cavolo.
      Messa così, senza ulteriori elementi, secondo me è un b-movie.
      E, a proposito di sbavature, tu come la consideri la scena del supercomputer “ZERO”? Io l’ho trovata un po’ gettata lì. Per me si sarebbe dovuto insistere sulla questione delle notizie storiche manipolate e sull’origine della società corporativa. Anche se in effetti, così si sarebbe creato tutto un film parallelo.
      Poi c’è tutto il resto, splendida fotografia, scenografie e colonna sonora, e l’ho anche scritto.
      Il messaggio è ambiguo, volutamente o meno. Difficile capire il perché schierarsi contro una società in cui tutti sono felici. Cosa ancora più strana quando si è già “emersi” dall’anonimato.
      Però, te lo concedo, l’individualismo è bisogno insopprimibile, ma che all’estremo sfiora l’egoismo puro e semplice.
      Comunque, bella discussione.
      😉

      @ Lapsus
      Ecco, proprio la scena a cui mi riferivo. Un po’ strana la presenza di tali armi in una società pacifica, non trovi? Ma riconosco che la scena ha un senso di decadenza ineguagliabile.

  • E del remake col rapper ne vogliamo parlare? 🙂

    • A dire il vero no. Speravo proprio di non parlarne. 🙂