Antologia del Cinema

Inseparabili (Dead Ringers), 1988

Di Cronenberg ammiro solo due cose. Quelle più evidenti, dal momento che detesto approfondire la conoscenza dei miei idoli. La sua venerazione per la Carne e l’abilità di riprendere attraverso la cinepresa e perciò manifestare quella continua mescolanza, che tutti noi viviamo ogni giorno, tra psiche e realtà. Sobrio nel suo rappresentare l’alterazione, le sue metafore, spesso, prendono forma, dando vita a scene allucinate. L’unione spirituale di due esseri, così, diviene carne fremente, pulsante. Quella carne, che deve essere necessariamente strappata perché la separazione avvenga e il cui sangue  fuoriuscito diviene presagio funebre, sublima.
Il bello è vedere prima ancora di pensare. Cronenberg ci mostra tutta la forza del proprio simbolismo. Gli Inseparabili divengono così due esseri identici, idealmente una sola carne, che sono condannati a vivere all’unisono, senza scampo alcuno.

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I gemelli Beverly e Elliot Mantle (Jeremy Irons) sono entrambi ginecologi di fama che devono celebrità e ricchezza al singolare genio che ha permesso loro di costruire nuovi e sempre più rivoluzionari strumenti per la loro professione. I fratelli sono indistinguibili l’uno dall’altro, come se un unico essere si fosse disgiunto in due metà identiche, ma, come spesso accade, i loro caratteri sono agli antipodi. Pur essendo entrambi geniali, Beverly è introverso e ombroso, mentre Elliot è consapevole e sicuro di sé. Questa sostanziale diversità si traduce in un diverso modo di vivere, se non fosse che Beverly compie comunque qualsiasi esperienza gli venga a mancare, finanche il sesso, grazie a Elliot. I due si scambiano costantemente tra loro perché fermamente convinti che un qualunque avvenimento, se non condiviso da entrambi allo stesso modo, non esista.

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[attenzione! contiene anticipazioni]

Non cadete in errore. Non è un film d’intrattenimento, vedendo il quale trascorrere una piacevole serata. È un film gelido e meditativo che sonda, alla maniera di Cronenberg, i lati oscuri dell’animo umano, nella fattispecie il vincolo ineluttabile che lega due creature identiche che avrebbero voluto essere una.
Si sentono innumerevoli storie riguardo ai gemelli. Un fenomeno unico, affascinante quanto può esserlo trovarsi alla presenza di due creature che condividono l’apparenza e, spesso, si crede anche l’essenza. Si fantastica su legami empatici indissolubili che tra essi paiono sussistere, quali possono formarsi tra esseri che scambiano esperienze risalenti al concepimento. Altrettanto spesso trattasi di fandonie, ma in alcuni casi sembra che questi particolari rapporti abbiano corrispondenze nella realtà.
Io non ho gemelli. Se è per questo non ho neppure fratelli, né sorelle. La mia lacuna non mi consente di esporvi, perciò, pareri personali. Però l’idea alla base di Inseparabili (Dead Ringers) proviene dalla vera storia di Stewart e Cyril Marcus, narrata anche dal libro “Twins” (1977) di Bari Wood e Jack Geasland, da cui è tratta la sceneggiatura, due gemelli identici trovati morti nel loro appartamento newyorkese tra sporcizia e abbandono ed evidenti segni di una tossicodipendenza da barbiturici comune a entrambi.

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[attenzione! contiene anticipazioni]

Jeremy Irons è superlativo nel caratterizzare i fratelli Mantle, uguali e opposti. Si dice che egli volutamente cambiasse la postura dei propri piedi per ricordarsi quale dei due stesse interpretando in quel momento. Per Beverly caricava il peso sui talloni, mentre per Elliot lo spostava sulle punte dei piedi. Attraverso uno dei primissimi utilizzi di post-produzione computerizzata, che si traduce con sequenze in cui i due fratelli compaiono assieme senza ricorrere ad ovvi trucchi di regia, la resa della doppia interpretazione di Irons è prodigiosa. Non bastasse questo, Cronenberg, la cui regia difetta di alcune lungaggini e tempi morti durante la prima parte della pellicola, dissemina di allucinazioni e simbolismo una storia parimenti algida, introducendo tipiche ossessioni per la forma, la mutazione e il suo significato recondito, il metallo aguzzo, la carne che diviene, oltre che religione, mezzo e cagione della volontà autodistruttrice dei due protagonisti.
La donna è mezzo e espressione del lavoro dei due ginecologi. Oserei dire strumento. Ella è condivisa, utilizzata, analizzata. Sempre con distacco professionale. Ella è anche temuta da Beverly, il quale ne conosce i piaceri solo grazie al fratello.
Beverly è l’elemento debole, o forse il più visionario tra i due. Colui che trascende e sublima ogni esperienza ad un livello ideale, arrivando a teorizzare una sua personale concezione di umana bellezza interiore da indentificarsi con la perfezione degli organi interni. Non ci si deve fissare solo sull’esteriorità.
L’ingresso di una donna che è provvista di un’identità e di una personalità, Claire Niveau (Geneviève Bujold), un’attrice di serie televisive, nella vita di Beverly, destabilizza il rapporto di sistematica condivisione dei gemelli, dal momento che, dopo un’iniziale avvicendamento, questi non è più disposto ad esistere insieme al fratello Elliot.
Dall’istante dell’ingresso di Claire nella vita dei due gemelli, qualcosa si incrina. Claire è anch’ella doppia, e questa sua natura duale attira e al tempo stesso respinge i suoi due amanti. La sequenza che vede Claire al trucco, nella quale il suo viso appare esattamente diviso in due metà, una sana, l’altra martoriata da lividi ed ecchimosi, è insieme summa e anticipazione di quello che verrà.
Beverly cercherà l’autodistruzione e un nemico mostruoso da studiare nelle proprie pazienti, arrivando a commissionare strumenti chirurgici appositi per intervenire sui corpi femminili mutanti che si trova ad esaminare, Elliot percorrerà suo malgrado l’esperienza del gemello, la sua caduta.
Gli strumenti di Beverly divengono preda dell’egoismo fugace, cambiano il loro scopo, assecondando una passione che proprio non vuole esistere per entrambi. Essi divengono il mezzo della separazione.

Approfondimenti:
Scheda del Film su IMDb

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