Antologia del Cinema

Henry – Pioggia di Sangue (1986)

Cinema e serial killer. Un binomio alquanto mendace che, da Hannibal Lecter in poi, ha teso alla spettacolarizzazione e alla monetizzazione, riuscendo nel ribaltamento di prospettive a far sì che il fandom immancabile dirigesse la sua venerazione verso il mostro, spesso colto, affascinante, dotato di una sua logica, per quanto distorta dalle lenti della rispettiva follia. La crudezza e l’ineluttabilità di certe azioni aberranti, però, è perduta per sempre.
Non sono qui a pontificare sulla bontà di tale messaggio cinematografico, perché non di messaggio si tratta, tantomeno di sottotesto da leggere e interpretare. Si tratta solo di soldi. Solo quelli. E il serial killer è una vacca da spremere finché avrà dato tutto. Dopo di ché sarà lasciato in pasto ai mostri, quelli veri, quelli che abitano nello stanzino di ogni casa di produzione dove, come diceva Jules, i soggetti inutili diventano niente. Ma non Henry. Henry è di stampo diverso.
Qui siamo ancora nel 1986, per un film che è decisamente figlio di una certa ultra-violenza annunciata anni prima da Alex e dai suoi Drughi e che di monetizzazione e incassi e vacche da spremere non ne sentiva neppure un odore lontano. Ispirato dalla vera storia di Henry Lee Lucas, un assassino seriale incongruo e mentitore, questo film è il suo ritratto, la sua intervista, la sua personale e contraddittoria versione dei fatti. Solo di alcuni, dei più importanti, per così dire. Non per niente il titolo inglese “Henry: Portrait of a Serial Killer” è molto più preciso ed evidente dell’italiano Henry – Pioggia di Sangue, più lirico, certo, ma che riesce a distogliere.
Invece la luce, il faretto della telecamera, è diretto proprio su Henry e sulla coppia composta da Otis ( e Becky, fratello e sorella, che occupa uno spazio della sua esistenza frenetica fatta di spostamenti, di movimento. L’omicidio è un accessorio. Un attività decorativa alla quale Henry si dedica sistematicamente, ma casualmente, quando gli gira. La vera ossessione è muoversi. Se non c’è movimento, non c’è vita e si smette di respirare. Il paradosso è che, se Henry si fermasse, la sua morte significherebbe la vita per tutti gli altri.

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Henry si muove

John McNaughton filtra una realtà fatta non già di miseria, ma di quotidiana mediocrità, per comunicarci il punto di vista di Henry, incarnato più che semplicemente interpretato da Michael Rooker, e solo quello. Henry esiste, respira, guarda, desidera e uccide. Nel suo mondo non c’è polizia, non c’è società, non c’è inganno. C’è lui e i suoi ricordi fumosi, le sue bugie patologiche e le sue intolleranze, ma, soprattutto, non c’è futuro.
Henry non pensa mai al futuro. Il suo è lo sguardo della telecamera. Cattura il presente e lo immagazzina.
Nel presente di Henry ci sono Otis (Tom Towles) e la sorella di quest’ultimo, Becky (Tracy Arnold). Otis è feccia, nulla di più. E, da feccia qual è, gode della sua pochezza e dei suoi desideri perversi verso sua sorella e tuttavia trattenendosi o sfogando il suo malessere nel compimento di reati minori perché, in fin dei conti, è un vigliacco. Becky è una ragazza madre giunta a Chicago per mettere un po’ di soldi da parte lavorando come sciampista da un parrucchiere.
Henry estende, forse per la prima volta, la sua visione verso i suoi coinquilini. La condivide con loro. Racconta loro le sue bugie frammentate insieme a verità oggettive. Coinvolge entrambi. Otis ne diviene schiavo, asservito alla sua personalità dominante. Becky se ne innamora, perché, probabilmente, percepisce in Henry un’aura di giustizia imparziale che lei, in tutta la sua vita fatta di abusi e violenze, non ha mai avuto.
Henry e il fido Otis si sfogano per un certo periodo, ammazzando come capita, seguendo le direttive del primo che dell’omicidio ne ha fatto un modo di vivere. Uccidono perché insultati da un venditore di televisori, uccidono il buon samaritano disposto ad aiutarli a sistemare la loro auto che credeva essere in panne e fanno visita ad una famigliola americana, distruggendola.
Becky si trascina e ama Henry perché questi la proteggerà, da giusto quale crede che egli sia, dalle voglie di Otis.
Ma Henry non ama. È freddo, vuoto, se conoscesse la pietà si potrebbe persino definire spietato, ma no, è solo ciò che è, un mostro.
Henry i suoi problemi li taglia a pezzi e li mette in una valigia che sarà adagiata sul ciglio di una strada qualunque.
Lui, nel frattempo, si è già mosso. Come sempre.

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Curiosità

Su questo film sono nate leggende di ogni tipo e tantissime notizie false, ancora oggi spacciate per veritiere. Visto l’argomento serial killer e visto il protagonista bugiardo patologico, la cosa non mi meraviglia per niente. Credo si possa dire che le voci, spesso distorte, facciano parte dello show, accessorie e inevitabili.

# Oltre Henry, gli altri due protagonisti si rifanno alla vera storia così come è stata narrata da Henry Lee Lucas. Come spesso accade, la realtà è di gran lunga peggiore di come viene inscenata, vuoi per pudore o per buon senso da parte del regista, vuoi perché, a girare certe porcate così come sono avvenute si rischia davvero di mandare messaggi aberranti. Lucas, quello vero, arrivò a confessare 600 omicidi, ma fu condannato solo per undici di questi.

# Il film fu completato nel 1986, ma fu pubblicato solo nel 1989. Erroneamente si attribuisce questo ritardo agli effetti della censura americana. In realtà, sebbene fosse stato censurato, il posticipo è dovuto per la maggior parte ai dubbi degli stessi produttori, Malik B. Ali e Waleed B. Ali, sulla effettiva bontà della regia di John McNaughton, tali che si pensò addirittura di non farlo uscire in VHS, ma di limitarne la diffusione ad un solo, breve periodo nelle sale. Successivamente, “Henry: Portrait of a serial killer” fu presentato in concorso a svariati festival del cinema. Le critiche positive che esso ottenne convinsero finalmente i produttori a rilasciarlo nei teatri. Durante questo limbo di tre anni, circolavano ad Hollywood delle videocassette tra gli addetti ai lavori che fecero la fortuna di Michael Rooker, al quale vennero offerti svariati lavori.

# John McNaughton aveva avuto l’incarico di girare un horror qualunque. Egli non aveva la minima idea del soggetto finché non vide in televisione un documentario su Henry Lee Lucas. Decise così di girare un horror avente come protagonista un semplice essere umano.

# La storia secondo la quale Lisa Temple, l’attrice che interpreta la madre di famiglia uccisa da Otis, restò talmente traumatizzata dalla scena dell’eccidio familiare da necessitare un ricovero ospedaliero è una leggenda metropolitana. In realtà fu Tom Towles (Otis) a preoccuparsi della salute dell’attrice Lisa Temple, a causa dell’eccessivo realismo e della bravura della stessa, temendo di averle fatto del male, tanto che la pregò di recarsi in ospedale perché le si rilasciasse un certificato medico in cui si attestava che fosse in perfetta salute.

# Rooker si calò completamente nel personaggio Henry, tanto da restare isolato, durante le pause, da ogni altro membro del cast, interagendo con loro solo sul set.

# I quattro omicidi mostrati in sequenza nei primi minuti del film sono basati sulle confessioni di Henry Lee Lucas.

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I Vinti

Nudo e crudo. Effetto realtà dato in parti uguali dalla scenografia minimalista e misera, fatta di tavoli di plastica, carta da parati umida e macchiata e moquette grigio topo. Nessuna pietà o sentimento emerge dai personaggi, nessuna giustificazione morale per ciò che sono. In definitiva non si riesce a comprenderli e neppure a compatirli. E non basta, ma non credo fosse nelle intenzioni di chi l’ha concepito, narrare il passato oscuro di alcuni di loro, un passato di soprusi e violenze, a renderli più empatici di quanto non siano. Otis è la personalità debole, è un vinto, Becky è la vittima ingenua, Henry l’araldo. Ma non c’è simpatia per loro, né condivisione, né giustizia. Non c’è polizia, nemmeno un poliziotto inquadrato in tutto il film. Da spettatori, si assiste a scene di violenza disturbanti e insensate, o meglio perfettamente inserite nel contesto, ma insensate nel loro scatenarsi quale unico metodo di comunicazione, per quanto paradossale, che questi esseri hanno. Lascia ancora oggi allibiti.
Henry – Pioggia di Sangue è stato girato. E tanto basta.

Approfondimenti:
Scheda del Film su IMDb
Henry Lee Lucas su Wikipedia

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    • 13 anni ago

    […] Quest’ultimo è quello che mi sta più simpatico, Merle Dixon, ovvero Michael Rooker alias Henry. Bel personaggio e bella interpretazione. Poco credibile che uno così riesca a concludere […]

    • 14 anni ago

    Purtroppo non sono dotato di una grande memoria e nonostante questo film l’abbia visto in videocassetta (tra l’altro con due figuri che frequentano questo blog), non ricordo molto della trama. So che mi è piaciuto e che in effetti rimasi stupito dalla violenza delle scene, in una delle quali per esempio è presente una decapitazione davvero realistica.

    Una cosa è certa, questo film non racconta le vicende di un”normale” serial killer…

    • 14 anni ago

    Tesi interessante quella del movimento. Il film, che vidi anni e anni fa, è uno dei più violenti mai visti, ma ricordo che le scene non sono mai troppo lunghe, durano il tempo sufficiente allo scopo che sia sconvolgere, angosciare o cose così. Diametralmente opposto al Silenzio degli Innocenti e a tutti i film sui serial killer. Se non è il capostipite di un genere dovrebbe esserlo. Bello come film, ma estremamente duro da digerire.