Antologia del Cinema

1997 – Fuga da New York (1981)

“Parte della mia personalità adora i fuorilegge, gli emarginati e gli antieroi, mentre ho dei problemi con l’autorità. Se posso sminuirla in qualche modo ne sono più che contento” (John Carpenter)

Prima che sia troppo tardi. Prima del remake. Ho deciso di scrivere quest’articolo prima, ascoltando quell’accompagnamento musicale noto ai più e perciò stesso evocativo ed ipnotico, curato come sempre dallo stesso regista John Carpenter. 1997 – Fuga da New York (Escape from New York, 1981) è distopico fin nella musica, così adatta ad un prossimo futuro, ormai trascorso, e sempre più nero, ma nel quale, in fondo in fondo, si riesce ancora a vivere…
La libertà è un sogno, certamente un valore portante, ma distorto, perché è proprio dall’isola che la rappresenta, Liberty Island, che comincia e finisce il controllo duro, efficiente e spietato che il governo esercita sul crimine.
Si dice che la sceneggiatura sia nata dopo il Watergate, per reazione. Debra Hill, la produttrice, disse che insieme a John volevano fare un film che mettesse in ridicolo la presidenza degli Stati Uniti. Mica male, come ambizione.
Cinque milioni di dollari di budget per riuscire a proiettare gli spettatori in una notte buia e funesta, per le strade selvagge e abbandonate dell’isola di Manhattan, mentre sopra e dentro di esse gli archetipi dello spirito e delle stolide ambizioni umane si danno battaglia in una coreografia scritta e orchestrata a dovere.
È un piacere stare a sentire John Carpenter, sia pure attraverso un filmato, mentre racconta la genesi dei suoi film. Dalle sue parole traspare l’evidenza del suo carattere. Deve essere un tipo che non si perde in elucubrazioni linguistiche, pur conoscendone la sobrietà, che non stordisce i suoi interlocutori con inutili manifestazioni di sofismo. È uno che dice come stanno le cose. Ed è anche per questo che mi piace.

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La Fuga

L’isola di Manhattan (NYC) è divenuta, a causa dell’incremento esponenziale del tasso di criminalità negli Stati Uniti, un carcere di massima sicurezza perennemente circondato dalle Forze di Polizia. Al suo interno i condannati vengono lasciati al loro destino e alla parvenza di società gerarchica che essi sono stati in grado di costruire.
Snake “Iena” Plissken (Kurt Russell), condannato per una rapina in banca e destinato a finire i suoi giorni nel “carcere”, è incaricato da Hauk (Lee Van Cleef), il comandante della Polizia, di penetrare all’interno di Manhattan per recuperare il Presidente degli Stati Uniti, nottetempo eiettatovisi in una capsula di salvataggio mentre l’Air Force One, l’aereo presidenziale,  precipitava schiantandosi contro i grattacieli perché dirottato.
Per assicurarsi la rapida ed efficiente collaborazione di Plissken, Hauk ha fatto impiantare nelle sue arterie due minuscole cariche di esplosivo. In 24 ore il rivestimento che le protegge si scioglierà uccidendo Plissken all’istante, le stesse 24 ore che separano il Presidente rapito dal presenziare ad un vertice d’importanza mondiale con U.R.S.S. e Cina, le due superpotenze che contendono agli Stati Uniti il dominio del pianeta.

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Curiosità

# John Carpenter racconta in un’intervista che il nome del protagonista, “Snake Plissken”, apparteneva a un certo Larry Plissken, da lui stesso definito “un leggendario teenager punk”, un bullo che un compagno di università di Carpenter aveva conosciuto durante il liceo e del quale gli aveva raccontato. E non è tutto, quel “Call me Snake.”, frase pronunciata da Kurt Russell, che più di ogni altra cosa contribuì a caratterizzare immediatamente il personaggio, era la frase tipica che Larry Plissken era solito proferire nei corridoi della sua scuola.

# Il look di Snake Plissken fu suggerito da Kurt Russell d’accordo con Carpenter. Il costume originale, un’uniforme completa dell’esercito, avrebbe, a giudizio di entrambi, snaturato l’indole ribelle del personaggio.

# John Carpenter stesso distrusse una bobina contenente la scena introduttiva del film che riprendeva la rapina in banca per la quale Plissken viene condannato.

# Le sequenze “computerizzate” che mostrano la ricostruzione grafica tridimensionale di Manhattan vennero girate in realtà senza l’ausilio di alcun computer, all’epoca troppo dispendiosi, ma riprendendo dei modellini di edifici neri sui bordi dei quali vennero applicate delle strisce verdi luminescenti.

# L’unica scena girata realmente a NYC è quella iniziale che mostra il Centro Operativo delle Forze di Polizia situato sotto la [vera] Statua della Libertà. Il resto del film fu girato a St Louis, nella parte est, devastata, nel 1976, da un incendio.
A St. Louis, una città ricca di edifici storici, Carpenter trovò uno scenario adatto e credibile per rievocare l’atmosfera di una Manhattan distopica e decadente.

# “Fuga da New York” venne girato quasi esclusivamente di notte grazie anche alla preziosa collaborazione dell’amministrazione di St. Louis disposta a spegnere le luci cittadine per sezioni di ben dieci isolati. La troupe si occupava poi di spargere rifiuti e appiccare fuochi per le strade. La sporcizia e la [finta] devastazione dovevano essere sgomberate ogni volta la mattina seguente per tutti i 56 giorni di riprese per far spazio al passaggio dei pendolari.

# Kurt Russell dichiarò che non vide la luce del giorno per l’intera durata delle riprese.

# Tutti i personaggi che incontrano Iena Plissken a Manhattan affermano di “saperlo morto”. Questo, lungi dall’essere una mancanza nella sceneggiatura, è un omaggio ad un western del 1971, ” Big Jake”, con John Wayne.

# La scena finale sul ponte minato è stata girata su un vecchio ponte abbandonato di St. Louis, l’Old Chain of Rocks Bridge, acquistato dalla produzione per 1 dollaro per sistemare alcuni cavilli burocratici e rivenduto all’amministrazione locale per la stessa cifra a fine riprese.

# Secondo l’idea originaria di John Carpenter, quella delle capsule esplosive doveva essere in realtà una beffa ordita da Hauk per assicurarsi la collaborazione di Plissken. Successivamente si decise di rendere lo stratagemma reale. Un espediente narrativo analogo all’originale verrà adoperato da Carpenter nel seguito “Fuga da Los Angeles” (1996).

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Everyone’s Coming To New York

È il film preferito di Kurt Russell, così come Plissken è il suo personaggio prediletto. E ci vuole poco a capire e a condividere la scelta. Chi, mi chiedo, non avrebbe pagato di tasca sua per interpretarlo? L’antieroe menefreghista e solitario, simile a quel Max Rockatansky di Mel Gibson, e privo, tuttavia, di quell’aura di dannazione, qualità che lo rende al tempo stesso perfetto simbolo di ostinazione e anelito di libertà. Quest’ultima da intendere nella sua accezione più instintiva, quasi ferina. L’unico modo di ottenere l’aiuto della Iena è mettergli un collare. Altrimenti si rivolterà contro colui che lo vuole ingabbiare. L’America, che è anche estensione del mondo, è corrotta e dominata da uomini cinici, egoisti e arroganti. Donald Pleasence, nel ruolo del Presidente, è perfetto nell’attribuire a una figura così importante quella sfumatura di pochezza, arrivismo, meschinità e vigliaccheria, così agli antipodi rispetto all’istintività del suo salvatore e tuttavia dominante, cieca, mentre il resto del mondo danza e muore al suo comando.
Non voglio dire che “Fuga da New York” sia un film perfetto, questo no. Pecca, tanto per cominciare, dell’esiguità del budget. Ancora una volta Carpenter si rivela maestro nello sfruttare appieno ogni centesimo e nel regalare questo solido pezzo teatrale. Sul suo palcoscenico, Iena, il Tassista (Ernest Borgnine), Mente (Harry Dean Stanton), Maggie (Adrienne Barbeau), il Presidente e il Duca di New York (Isaac Hayes) recitano un ruolo già scritto, semplice, essenziale e perché no, anche barocco.
La musica jazz e le battute di spirito fanno il resto. Insieme alla cassetta, vitale per la riuscita del vertice delle superpotenze, che Plissken strappa nella bellissima sequenza finale, godendosi la libertà riconquistata a caro prezzo, ridendo del resto mondo mentre quest’ultimo si avvicina sempre più al baratro di una crisi nucleare. Ieri era un nastro magnetico. Oggi, probabilmente, un supporto su disco o una periferica di archiviazione. Qual è la differenza?

Grazie alla segnalazione di JoeRed (nei commenti), eccovi la scena iniziale  della rapina “bruciata”, per così dire, da John Carpenter. Evidentemente non era l’unica bobina… (edit by elgraeco – 28.04.2010, ore 11:19)

Approfondimenti:

La ricchissima Scheda del Film (sezione trivia) su IMDb

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    • 12 anni ago

    […] 1997 Fuga da New York, di Carpenter (1981). Merito di Lucia, Hell e del signor […]

    • 14 anni ago

    Per essere una bobina bruciata, devo dire che si vede molto bene! Inserisco il video nell’articolo!
    😀

    Grazie per la segnalazione e benvenuto! 😉

    • 14 anni ago

    Bella segnalazione, Escape NY resta un capisaldo assoluto di genere.
    ti segnalo l’inizio alternativo -recuperato- della cattura di Plissken
    http://www.youtube.com/watch?v=TumgY1ClU5I

    • 14 anni ago

    Grazie anche a te. 🙂
    Sui remake meglio non dire più nulla. È un argomento che sta diventando piuttosto seccante.

    • 14 anni ago

    Bell’articolo, soprattutto per quel che riguarda i retroscena, che non conoscevo.
    Sul remake, anzi SUI remake, non so che altro dire.
    Ho letto ieri un elenco di film in rifacimento, mi veniva da piangere…

    • 14 anni ago

    Ho letto tutto con grande attenzione. Mi risparmio l’ennesimo giudizio encomiastico sul film. Probabilmente non sarei obiettivo. Di fronte a questi classici non si è mai obiettivi.
    Ho notato però che alcune curiosità differiscono rispetto a come sono riportate altrove.

    ciao

      • 14 anni ago

      Tipo?
      Vabbé, ad ogni modo, gran parte delle notizie le ho recuperate dal link segnalato in fondo. IMDb è molto più affidabile rispetto a tutti gli altri siti. E, ciliegina sulla torta, dalla voce della stessa Debra Hill e di John Carpenter nel documentario “Snake Plissken – Man of Honor”. Se non lo sa LUI come ha girato il film, chi può saperlo?. Ignoro se il documentario si possa reperire su internet.

      😉

    • 14 anni ago

    Grazie.
    Sì, è un tono un po’ diverso dal solito, ma in questi giorni sono di cattivo umore, per cui…
    Su Maggie ti posso dire che lavorava alla radio in “The Fog” e sì, era caruccia.

    • 14 anni ago

    Bell’articolo a gre’. Su ‘sto film me lo sarei aspettato dal tono completamente diverso, ma va bene uguale, anzi m’ha sorpreso.
    Uno dei miei film preferiti, da sempre. NON aspetto il remake, come tutti i remake.
    Na cosa sola, ma su Maggie? Che vedo la ssopra, n’a foto? Non vojamo di proprio niente?
    Caruccia!!

    😛